I test per valutare il linguaggio nei bambini - I parte: fonologia, articolazione e primo linguaggio
Il linguaggio, “forma di condotta comunicativa atta a trasmettere informazioni e a stabilire un rapporto di interazione che utilizza simboli aventi identico valore per gli individui appartenenti a uno stesso ambiente socioculturale” (Treccani), è un concetto così ampio e importante da essere stato, nel corso della storia, oggetto di studi sempre più analiticida parte di scienziati e filosofi, da Aristotele a Wittgenstein, fino ad arrivare al Novecento quando, per l’influsso di autori come Russell, Moore e il già citato Wittgenstein, avviene la “svolta linguistica” della filosofia.
Dalla linguistica, disciplina nata con lo scopo di studiare la lingua (in particolare quella verbale, orale e scritta) con approccio scientifico, otteniamo i primi tentativi di suddivisione in domini distinti ma dipendenti. In particolare, quella rivelatasi più proficua ha individuato le seguenti aree:
- Fonetica e fonologia
- Morfologia e sintassi
- Lessico e semantica
- Pragmatica
Da qui la suddivisione utilizzata in quest’articolo e accettata, implicamente o esplicitamente, dagli autori dei test e questionari di cui parleremo. Questo con tutti i limiti che una suddivisione operativa, pur utile nella pratica, presenta rispetto a una realtà molto più sfumata e interconnessa.
Un’ultima premessa prima di parlare dei test veri e propri: a causa dell’elevato numero di test e questionari, saranno rimandati a un futuro articolo i test delle prassie e i test specifici da usare in caso di disturbo evolutivo di linguaggio verbale secondario, ovvero, citando Gilardone, Casetta e Luciani “qualsiasi inadeguatezza linguistica che si manifesti durante il periodo di sviluppo, con relativa compromissione più o meno marcata del linguaggio stesso, in soggetti che presentano uno o più dei seguenti quadri:
- ritardo cognitivo
- disturbi generalizzati (pervasivi) dello sviluppo
- disturbi gravi della funzione uditiva
- importante disagio socioculturale”
Gilardone, Casetta, Luciani, Il bambino con disturbo di linguaggio. Valutazione e trattamento logopedico, Cortina, Torino 2008
Primi anni di vita: articolazione, fonologia e primo linguaggio
La valutazione del linguaggio nei primi mesi e anni di vita del bambino si avvale dei contributi di diversi strumenti:
- Anamnesi
- Raccolta e analisi di un campione di eloquio spontaneo
- Questionari per i genitori
- Osservazione di momenti di gioco (dal più libero al più strutturato, come nel caso del protocollo Alb) utili a individuare la presenza di intenzionalità comunicativa, della comparsa di un livello di simbolizzazione e dell’emergere dei cosiddetti precursori linguistici (ad esempio, i gesti deittici)
- Test strutturati
Tra i questionari da far compilare ai genitori (o caregiver) il più noto è sicuramente il PVB – Primo Vocabolario del Bambino (Caselli e Casadio, 1995, II edizione 2015), adattamento italiano del noto questionario MacArthur. Il PVB ha lo scopo di raccogliere informazioni sul primo sviluppo comunicativo-linguistico del bambino. È suddiviso in due schede: “Gesti e Parole” (8-24 mesi nella nuova edizione, 8-17 mesi nella prima) e “Parole e Frasi” (18-36 mesi).
Un altro questionario è quello che indaga Le abilità socio-conversazionali del bambino (Bonifacio, Girolametto e Montico, 2013) e riguarda la fascia compresa tra i 12 e i 36 mesi. Altri questionari molto utilizzati sono il Q-Point: Questionario sull’uso del gesto di indicare nel bambino (Perrucchini e Camaioni, 1999), il QSCL: Questionario sullo Sviluppo Comunicativo e Linguistico nel secondo anno di vita (Camaioni, Caselli, Longobardi, Volterra e Luchenti 1992).
La raccolta di queste informazioni sul primo linguaggio permette al logopedista di tracciare (quando possibile) l’inventario fonetico del bambino. Esistono diverse tecniche per farlo, e queste dipendono appunto dal numero di parole conosciute dal bambino.
Per quanto riguarda i test specifici, possiamo dividerli generalmente in test che valutano le capacità di comprensione e quelli che valutano le capacità di produzione (oltre a test misti e, come vedremo più avanti, vere e proprie batterie).
A monte delle capacità di comprensione dobbiamo senz’altro mettere la capacità di discriminazione uditiva. La Prova di discriminazione uditiva di Pinton e Zanettin (1998) risponde proprio a questa esigenza con 37 item di coppie di non parole uguali o diverse per un solo fonema. Questo test è attualmente incluso nella batteria BVN 5-11 (di cui parleremo in uno dei prossimi articoli dedicati alle batterie). Una ulteriore prova di discriminazione è compresa nell’Esame del linguaggio di Fabbro (1999).
Passando alla produzione, uno degli aspetti più importanti da valutare è senza dubbio quello fonologico. Avvalendosi del supporto delle tavole del test PFLI – Prove per la valutazione fonologica del linguaggio infantile (Bortolini, 2004) è possibile effettuare un’accurata analisi indipendente e relazionale del campione di linguaggio. Il PFLI è composto da 90 figure (74 da presentare singolarmente e 16 come sequenza) per la raccolta del campione di linguaggio e da 15 di valutazione. L’età di somministrazione è 2-5 anni. Di fronte a un inventario fonologico quasi completo (75-80%) si può procedere all’analisi dei processi. Per questo tipo di analisi uno dei riferimenti teorici è proprio il lavoro di Bortolini contenuto nel PFLI:

Ringraziamenti
- Jessica Rebeggiani (logopedista) per una correzione sul PVB
- Eleonora La Monaca (logopedista) e Lucia Montano (logopedista) per le indicazioni sulle prove di ripetizione di frasi
- Vincenza Nerone (logopedista) per aver suggerito il tema delle abilità narrative