Scopri le diverse forme di attenzione – volontaria, riflessa, overt e covert – e come influenzano il comportamento e l’apprendimento dei bambini. Una guida utile per terapisti e insegnanti.

I diversi tipi di attenzione: volontaria, riflessa, overt e covert

Non esiste una sola attenzione

Quando parliamo di attenzione, spesso la immaginiamo come una sola cosa: essere concentrati. Ma in realtà l’attenzione ha molte facce, e ciascuna di esse risponde a esigenze e contesti diversi. Conoscerle ci permette di comprendere meglio certi comportamenti dei bambini (e degli adulti) e di intervenire in modo più mirato.

Nel nostro cervello, infatti, l’attenzione si attiva in modi diversi, a seconda che stiamo scegliendo di concentrarci su qualcosa o reagendo a uno stimolo improvviso, guardando apertamente o seguendo qualcosa “di nascosto”.

Attenzione volontaria: la scelta consapevole

Questo è il tipo di attenzione più familiare: quella che attiviamo intenzionalmente. Quando chiediamo a un bambino di finire un esercizio o a uno studente di seguire una lezione, stiamo sollecitando la sua attenzione volontaria.

È una forma di attenzione che richiede controllo e sforzo cognitivo, e non è illimitata: più il compito è noioso o difficile, più sarà faticoso mantenerla attiva. Nei bambini con difficoltà attentive, questa è spesso la funzione che si esaurisce più in fretta.

Attenzione riflessa: la risposta automatica

Diversa è l’attenzione riflessa, quella che si attiva senza che lo decidiamo. Un urlo, una luce improvvisa, un oggetto che cade: sono stimoli che catturano la nostra attenzione in modo automatico.

Questa forma di attenzione è fondamentale per la sopravvivenza e ci accompagna fin da piccoli. Tuttavia, nei contesti scolastici o terapeutici può diventare un ostacolo, perché qualsiasi stimolo esterno può distrarre facilmente un bambino con attenzione fragile.

Attenzione overt: quando lo sguardo si sposta

Un’altra distinzione riguarda dove indirizziamo la nostra attenzione. L’attenzione overt è quella evidente, che si accompagna al movimento degli occhi o della testa verso ciò che vogliamo osservare.

È quella che attiviamo quando seguiamo una farfalla che vola o leggiamo un libro. In terapia o a scuola è utile osservare dove i bambini guardano per capire se stanno seguendo il compito o sono già altrove con la mente (e lo sguardo).

Attenzione covert: quando seguiamo senza farlo vedere

Infine, c’è un tipo di attenzione più sottile: l’attenzione nascosta o covert. È quella che usiamo, ad esempio, quando ascoltiamo una conversazione senza girarci o quando siamo concentrati su qualcosa in periferia visiva senza guardarla direttamente.

Questa forma di attenzione ci permette di monitorare più informazioni contemporaneamente ed è molto utile nei contesti sociali. Alcuni bambini, però, possono avere difficoltà a gestire questo doppio livello e risultare più rigidi nel loro focus attentivo.

Conclusioni

Capire che esistono diversi tipi di attenzione ci aiuta a osservare con maggiore precisione il comportamento dei bambini e a intervenire con strategie più personalizzate. Non tutte le distrazioni sono uguali e non tutti i bambini mostrano l’attenzione nello stesso modo.

Educatori, logopedisti e neuropsicologi possono trarre grande beneficio da questa distinzione per costruire attività che potenziano le varie forme di attenzione, rendendo l’apprendimento più accessibile e stimolante.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

[]