Chi lavora con pazienti afasici sa bene quanto sia difficile prevedere chi migliorerà di più, con quale terapia e in quali tempi. Ma cosa succederebbe se potessimo “guardare dentro” il cervello e capire, prima ancora di iniziare, quali aree sono pronte a lavorare e quali no? È proprio questo uno degli obiettivi della neuroimmagine funzionale (fMRI): non solo vedere dove si trova il danno, ma anche osservare come il cervello si sta riorganizzando.

Dall’fMRI alla terapia: come la neuroimmagine può guidare gli interventi logopedici

Cos’è l’fMRI e perché è utile nella riabilitazione?

L’fMRI (risonanza magnetica funzionale) misura l’attività cerebrale in tempo reale, osservando l’aumento di flusso sanguigno in aree attive durante un compito.
Nel contesto dell’afasia, può mostrare quali aree si attivano quando il paziente cerca di parlare, comprendere o denominare oggetti.

Queste informazioni sono utilissime per il logopedista, perché permettono di:

  • Identificare le aree cerebrali residue ancora funzionanti

  • Capire se il paziente sta reclutando nuove aree per compensare

  • Monitorare i cambiamenti cerebrali dopo un ciclo di terapia

Il cervello parla, anche senza parole

Prendiamo un esempio: un paziente con afasia non fluente guarda l’immagine di una mela, ma non riesce a produrre la parola. Durante l’fMRI, però, si nota un’attivazione nell’emisfero destro, in aree omologhe a quelle linguistiche del sinistro.

Questo suggerisce che il cervello sta cercando di riorganizzarsi, spostando alcune funzioni nel lato opposto. Un segnale positivo, che indica potenziale di recupero, anche se il linguaggio non è ancora evidente.

Una finestra sulla personalizzazione

L’uso dell’fMRI non è ancora routine nella pratica logopedica, ma il suo potenziale è enorme. In futuro, potremmo usarla per:

  • Selezionare il tipo di terapia più adatto in base all’organizzazione cerebrale residua

  • Valutare precocemente la probabilità di successo del trattamento

  • Monitorare nel tempo i cambiamenti funzionali, non solo clinici

Conclusioni

La risonanza magnetica funzionale ci sta aprendo nuove strade. Grazie a essa, possiamo osservare i processi neurali che stanno dietro al recupero del linguaggio, anche quando il miglioramento non è ancora visibile all’esterno.

È uno strumento che non sostituisce l’esperienza clinica, ma la arricchisce, offrendo nuove chiavi di lettura e spunti per costruire interventi sempre più mirati e personalizzati.

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