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La memoria di lavoro si trasferisce da un emisfero all’altro? Le ricerche mostrano che sì — ma con un nuovo codice neurale. Scopri le implicazioni cliniche e riabilitative.

La memoria di lavoro è divisa tra emisferi? Nuove evidenze

Un cervello diviso... ma non troppo

Chiunque abbia studiato un po’ di neuroscienze sa che il nostro cervello è diviso in due emisferi, ciascuno specializzato in alcune funzioni. Ma cosa succede quando parliamo di memoria di lavoro? Anche in questo caso le informazioni sono divise? O il cervello riesce ad unificare i contenuti mentali provenienti da destra e sinistra?

La domanda non è solo teorica. Pensiamo a un bambino che osserva una scena sul lato sinistro dello schermo e poi sposta lo sguardo verso destra: la sua mente riesce a conservare e rielaborare l’immagine come se fosse un tutt’uno?

I due emisferi: collaborazione o indipendenza?

Gli studi più recenti con registrazioni neurali su primati hanno rivelato un dato sorprendente: quando un’informazione viene vista in un campo visivo, viene elaborata quasi esclusivamente dall’emisfero opposto. E anche la sua memoria, per un certo periodo, rimane “bloccata” lì.

In pratica, se un oggetto è visto sulla destra, sarà il cervello sinistro a processarlo. Ma se poi la prospettiva cambia — per esempio, l’oggetto viene spostato o si gira la testa — la memoria deve essere trasferita all’altro emisfero.

Il passaggio della memoria da un emisfero all’altro

Cosa accade durante questo passaggio? I ricercatori hanno osservato che la memoria di un’informazione può letteralmente “traslocare” da un emisfero all’altro, ma non in modo identico. È come se l’informazione venisse riscritta con un nuovo codice neurale.

Questo suggerisce che i due emisferi non condividono una memoria centrale, ma piuttosto ricodificano i contenuti quando devono passarseli. Una memoria nata a sinistra, una volta passata a destra, non è una semplice copia, ma una nuova rappresentazione dello stesso concetto.

Implicazioni per lo sviluppo e la riabilitazione

Questa scoperta ha implicazioni enormi per la comprensione di disturbi del neurosviluppo, come la disprassia, i disturbi dell’attenzione o certi casi di afasia. Se un emisfero ha difficoltà a trasferire correttamente le informazioni all’altro, il bambino potrebbe percepire il mondo come frammentato o fare fatica a integrare suoni, immagini e significati.

In ambito logopedico, questo ci invita a considerare attività che stimolino il passaggio interemisferico, come esercizi che richiedono di seguire uno stimolo da sinistra a destra o di rielaborare una frase ascoltata visivamente in modo diverso.

Come lo fa il cervello?

A livello tecnico, il passaggio dell’informazione è accompagnato da una variazione nelle onde cerebrali, in particolare nelle frequenze gamma e beta. Queste sembrano coordinare il trasferimento e indicano quali neuroni devono attivarsi e quali devono inibire l’attività precedente. Anche qui ritroviamo la logica dell’alternanza: attivare ciò che serve, spegnere il resto.

Questo rende il cervello non solo potente, ma anche estremamente efficiente, capace di adattarsi a ogni cambiamento di prospettiva — visiva, cognitiva o comportamentale.

Conclusioni

La memoria di lavoro non è una funzione monolitica, ma si adatta e si distribuisce tra gli emisferi in base a come interagiamo con l’ambiente. Capire come avviene questo trasferimento ci permette di sviluppare strumenti più mirati per supportare chi ha difficoltà cognitive e linguistiche. Anche una semplice attività visiva può diventare un potente esercizio interemisferico se sappiamo come guidarla.

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