Perché alcuni pazienti con afasia rispondono meglio alla terapia? Il ruolo della connettività cerebrale
Oltre il danno: uno sguardo alle connessioni
Tradizionalmente, si è portati a pensare che sia la dimensione o la posizione della lesione cerebrale a determinare la gravità dell’afasia e il potenziale di recupero. Eppure, studi recenti suggeriscono che non sia solo “quanta” parte del cervello è stata danneggiata, ma come le aree residue riescono a comunicare tra loro.
In parole semplici: il cervello non è una lista di funzioni localizzate in punti precisi, ma una rete intricata di connessioni. Quando queste connessioni – specialmente tra le aree linguistiche – restano parzialmente integre o riescono a riorganizzarsi, la possibilità di trarre beneficio dalla terapia aumenta sensibilmente.
Cervelli “pronti” alla terapia
Immagina due pazienti con afasia da espressione. Entrambi hanno difficoltà a trovare le parole, formulano frasi brevi come “io… casa… mamma”. Dopo un percorso di 12 settimane con lo stesso trattamento, il primo paziente inizia a costruire frasi più complesse (“Oggi sono andato a casa di mamma”), mentre il secondo continua a restare inchiodato a singole parole.
Studi condotti tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI) e analisi delle reti cerebrali mostrano che il primo paziente aveva una rete cerebrale più efficiente prima ancora di iniziare il trattamento. In particolare, alcune regioni frontali dell’emisfero destro e connessioni residue nell’emisfero sinistro mostravano una buona “comunicazione”. Il secondo paziente, invece, aveva una rete più frammentata e meno efficiente.
Il ruolo delle reti “di riserva”
Non tutte le aree cerebrali coinvolte nel recupero linguistico appartengono alla rete linguistica “classica”. In molti pazienti, intervengono anche regioni più generali, coinvolte nell’attenzione, nella memoria di lavoro e nel controllo esecutivo. Si tratta delle cosiddette reti multiple demand, che il cervello può attivare quando le vie linguistiche primarie sono danneggiate.
Chi riesce a sfruttare meglio queste reti “di riserva”, mostra una maggiore capacità di adattamento e miglioramento con la terapia.
Una nuova prospettiva per la logopedia
Questi risultati ci portano a un cambiamento di prospettiva: la valutazione iniziale del paziente dovrebbe andare oltre il test linguistico standard. In futuro, le tecnologie di neuroimmagine e l’analisi della connettività cerebrale potrebbero permetterci di:
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Prevedere la probabilità di risposta alla terapia
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Personalizzare gli obiettivi riabilitativi
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Individuare i pazienti che hanno bisogno di percorsi alternativi o più lunghi
In altre parole, non è solo questione di “quanto è grave” l’afasia, ma di quanto è reattiva e plastica la rete cerebrale che resta.
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