Disturbi dell’attenzione: come riconoscerli e affrontarli
I disturbi dell’attenzione sono condizioni che compromettono la capacità di concentrarsi in modo stabile e prolungato, generando difficoltà che possono manifestarsi in ambito scolastico, familiare, lavorativo e sociale.
I sintomi non si limitano alla semplice disattenzione: possono includere impulsività, iperattività, disorganizzazione e tendenza a interrompere. Tra queste condizioni, l’ADHD è sicuramente il più noto, ma non l’unico.
Che cosa sono i disturbi dell’attenzione
Con il termine disturbi dell’attenzione si fa riferimento a un insieme di condizioni in cui il denominatore comune è la difficoltà nel mantenere l’attenzione. Sebbene spesso se ne parli come di un’unica entità, in realtà l’attenzione è una funzione complessa, formata da diverse componenti (sostenuta, selettiva, divisa, ecc.) e ciascuna può risultare compromessa in modo diverso.
Un disturbo molto conosciuto in quest’ambito è l’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività), ma difficoltà attentive possono manifestarsi anche in altre condizioni cliniche, come nel caso di una lesione cerebrale dovuta a trauma cranico o ictus.
Come si manifestano
Nei bambini, è fondamentale distinguere i disturbi dell’attenzione dalla normale vivacità. Quando siamo di fronte a un vero e proprio disturbo, possiamo osservare sintomi come:
Errori frequenti per disattenzione (nei compiti, a scuola o al lavoro);
Scarsa concentrazione, anche nei giochi;
Difficoltà a seguire le istruzioni e a completare le attività;
Evitamento di compiti impegnativi sul piano attentivo;
Perdita di oggetti utili alle attività;
Disorganizzazione e sbadataggine;
Inquietudine motoria, con difficoltà a restare fermi;
Impulsività, con comportamenti invadenti, interruzioni, risposte affrettate;
Tendenza a parlare molto e ad arrampicarsi o correre in contesti inappropriati.
Nel tempo, queste difficoltà possono avere ricadute importanti: scarso rendimento scolastico, problemi nelle relazioni con i pari, richiami da parte degli adulti, bassa autostima, ansia e demoralizzazione. Con l’adolescenza e l’età adulta, le manifestazioni possono cambiare: l’iperattività si trasforma in agitazione interna, mentre i problemi di attenzione si esprimono soprattutto nella scarsa organizzazione e nella gestione inefficace delle attività quotidiane.
Come si fa diagnosi
La valutazione dei disturbi attentivi viene condotta da uno psicologo e/o da un neuropsichiatra infantile, talvolta con la collaborazione di altre figure specializzate. L’iter diagnostico prevede solitamente:
Raccolta di informazioni da fonti diverse (genitori, insegnanti, paziente);
Colloqui con il bambino e la famiglia;
Somministrazione di test specifici per l’attenzione (puoi trovare qui un elenco di strumenti utili).
Tutto ciò serve a comprendere meglio quali aspetti dell’attenzione risultano compromessi e quali, invece, rappresentano punti di forza su cui costruire un percorso di supporto.
Come si trattano i disturbi dell’attenzione
Una volta completata la valutazione, è possibile avviare un intervento personalizzato in base al profilo del paziente. Gli strumenti più utilizzati includono:
Parent training, per aiutare i genitori nella gestione quotidiana;
Training cognitivo, focalizzato sulle funzioni esecutive e l’attenzione;
Psicoterapia, nei casi in cui vi sia una componente emotivo-relazionale significativa;
Farmaci, nei casi di ADHD severo e quando gli altri interventi non sono risultati sufficienti.
In ambito scolastico, gli studenti con disturbi dell’attenzione possono accedere a misure previste dalla normativa BES (2012) o dalla Legge 104 (1992), che consentono la personalizzazione del percorso didattico.
Un approfondimento: l’ADHD
L’ADHD (o Sindrome Ipercinetica) è un disturbo del comportamento caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività. Secondo i dati (Faraone et al., 2003), l’80% dei bambini con ADHD continua a presentare sintomi anche in adolescenza e in età adulta. Se non gestito in modo adeguato, il disturbo può associarsi a rischi come:
Scarso rendimento scolastico o lavorativo;
Problemi relazionali;
Comportamenti a rischio, come abuso di sostanze e atti violenti.
Non va però dimenticato che si tratta di rischi potenziali, non di conseguenze inevitabili. Ogni bambino o adulto con ADHD ha una storia personale e caratteristiche uniche. Alcuni studi (Mash & Johnston, 1983; Murphy & Barkley, 1996) segnalano un maggiore stress nei familiari, con possibili ripercussioni sul clima familiare.
I bambini con ADHD spesso sono descritti come altamente distraibili, resistenti ai compiti impegnativi, frequentemente annoiati, impazienti e con scarsa regolazione dell’impulso. Si muovono molto, parlano tanto e tendono a perdere facilmente oggetti. Tuttavia, ogni singolo sintomo può essere comune anche nei bambini senza diagnosi: la differenza sta nell’impatto negativo sulla vita quotidiana.
È importante ricordare che l’ADHD, come ogni altra diagnosi psicologica, racchiude una grande variabilità individuale. Il profilo personale può essere influenzato da quoziente intellettivo, grado di compromissione dell’attenzione e delle funzioni esecutive, e presenza di comorbidità (come disturbo oppositivo provocatorio, disturbi d’ansia o dell’umore, DSA, disturbo ossessivo-compulsivo o tic).
Una valutazione completa di questi aspetti è essenziale per pianificare un intervento mirato ed efficace.